Che fatica la primavera!
Che fatica la primavera!

Che fatica la primavera!

Sebbene sia da tempo conosciuto l’effetto positivo sull’umore dato dalla luce solare, puntualmente una grossa fetta della popolazione affronta il cambio di stagione come un periodo stressante

Arrivano le belle giornate, più lunghe, più soleggiate e ricche di colori delle fioriture.

Ahimè, sebbene sia da tempo conosciuto l’effetto positivo sull’umore dato dalla luce solare, puntualmente una grossa fetta della popolazione affronta il cambio di stagione come un periodo stressante, fatto di difficoltà di concentrazione, stanchezza, ansia, insonnia e iperirritabilità.

Sole, temperatura e ore di luce sono tutti fattori esterni che influenzano direttamente l’organismo e a cui la maggior parte delle persone ha bisogno di abituarsi in modo graduale. L’allungamento delle giornate primaverili e la velocità con cui cambiano temperatura e umidità mette a dura prova le capacità di adattamento del nostro organismo, che fatica ad abituarsi ai nuovi ritmi. Questi cambiamenti talvolta repentini possono influenzare alcuni neurotrasmettitori, come dopamina e adrenalina, deputati alla regolazione umorale, mentre l’aumento delle ore di luce influisce sulla regolazione sonno-veglia, e sulla secrezione di melatonina, causando disturbi del sonno e la conseguente sensazione di stress prolungato. Dal punto di vista fisico, l’aumento delle temperature può portare ad un abbassamento della pressione, con conseguente sensazione di stanchezza.

In soggetti già tendenti a sindromi depressive e ansiose, gli effetti del cambio di stagione possono assumere le sembianze di un vero e proprio disturbo, detto “Disturbo Affettivo Stagionale” o DAS, esasperando sintomi preesistenti e amplificando gli altri agenti stressori.

Per affrontare questo delicato periodo di transizione, un’alimentazione adeguata e uno stile di vita meno sedentario giocano un ruolo cruciale, ma non sempre possono bastare. In alcuni casi, potrebbe essere utile un’integrazione di vitamine del gruppo B, implicate nel metabolismo energetico cellulare e, secondo recenti studi, coinvolte nel metabolismo dell’omocisteina, essenziale per il trofismo del sistema nervoso centrale.

Nel mondo vegetale, possiamo fare affidamento sulle piante adattogene: le più conosciute sono la Rhodiola rosea, il Panax Ginseng e l’Eleutherococcus senticosus. Sebbene non esista ancora una chiara definizione, Lazarev, il primo a utilizzare questo termine nel 1947, lo utilizzò per indicare piante in grado di esercitare “un’azione aspecifica sui processi fisiologici e di innalzare la resistenza fisica agli stress ambientali, in modo da poter adattare l’organismo a condizioni di sforzo eccezionale”.

La radice d’oro, la Rhodiola rappresenta una delle piante più studiate ed affidabili in caso di stress e stanchezza fisica e mentale, utile anche nel trattamento dei disturbi legati al cambiamento di stagione. Nativa delle regioni artiche della Siberia, la sua capacità di sopravvivere in condizioni ambientali estreme ha catturato l’attenzione degli studiosi e ha portato alla formulazione e immissione in commercio, anche in Italia, di un farmaco tradizionale vegetale a base di un estratto standardizzato di Rhodiola. Molteplici studi clinici hanno confermato la sua attività sulle performance fisiche e mentali. Durante studi a doppio cieco con placebo, i volontari, sottoposti a test matematici e logici, hanno mostrato maggiore capacità di concentrazione, migliore memoria a breve termine e un aumento della percezione visiva e auditiva rispetto al placebo. Questa attività sul SNC sembra essere correlata alla sua capacità di influenzare alcuni neurotrasmettitori, in particolare le monoamine (serotonina, noradrenalina e dopamina) con un meccanismo simile a quello degli antidepressivi (inibizione della ricaptazione delle monoamine). Proprio l’effetto su dopamina e noradrenalina sembra essere responsabile delle migliorate capacità mnemoniche riscontrate negli studi. Sembra inoltre che, tramite interazione con l’asse ipotalamico prevenga l’esaurimento delle catecolamine surrenali indotto da uno stress acuto. Anche a livello fisico, studi clinici dimostrano che è in grado di migliorare il trasporto di ossigeno ematico e incrementare la sintesi di ATP a livello muscolare. Si tratta inoltre di una pianta molto sicura, ad eccezion fatta per i pazienti ipertesi, che può essere utilizzata nelle situazioni di sovraccarico di lavoro di astenia e depressione più o meno intense, come quelle correlate al cambio stagionale.

Il Ginseng è una pianta usata da millenni in medicina tradizionale cinese come tonico e rivitalizzante poiché migliora la risposta dell’organismo agli eventi stressogeni. La droga, costituita dalla radice essiccata, e i suoi estratti sono stati oggetto di molteplici studi volti a confermare e indagare le sue proprietà toniche. In particolare, gli studi clinici hanno riscontrato un aumento della performance fisica sia in atleti che in volontari sedentari, probabilmente correlata ad un aumentata capacità del tessuto muscolare di metabolizzare il glucosio ematico per la produzione cellulare di energia. L’effetto tonico sul SNC, inteso come una migliorata capacità di adattamento e un aumentato livello di vigilanza, attività mnemonica e fluidità verbale, sembra invece essere dovuto all’azione dei ginsenosidi sulla sintesi dell’acetilcolina e di altri neurotrasmettitori eccitatori.

Noto anche come Ginseng siberiano, la fortuna dell’Eleuterococco inizia intorno agli anni Cinquanta, in Russia. Studi preclinici dimostrano, oltre all’azione tonico-adattogena aspecifica, anche un aumento della fagocitosi con conseguente stimolazione del sistema immunitario. In alcuni studi, ha anche stabilizzato i livelli di glucosio del sangue durante l’esercizio fisico, aumentando la performance muscolare. Non ci sono al momento molti studi clinici che confermino queste importanti attività, ma il suo consolidato utilizzo la rende una pianta molto promettente. Sebbene venga spesso consigliato in alternativa al ginseng, per l’errata convinzione che non abbia effetto sulla pressione cardiaca, va in realtà utilizzato con molta cautela e per non più di due mesi.

Con la loro molteplice attività e un profilo di sicurezza abbastanza favorevole, gli adattogeni possono quindi essere la soluzione migliore per quei periodi di tensione, annebbiamento mentale e stanchezza che ci impediscono di godere della stagione di risveglio della Natura.


Fonti:

American Psychiatric Association Seasonal affective disorder (SAD)
E. Campanini Dizionario di fitoterapia e piante medicinali Tecniche nuove ed.
OMS Monografie di piante medicinali Vol. 2 – Radix Eleutherococci Ed. italiana SIFIT
OMS Monografie di piante medicinali Vol. 1 –Radix ginseng Ed. italiana SIFIT
Community herbal monograph on Rhodiola rosea L., rhizoma et radix


pharmakon
Lo spazio dedicato al Farmacista Territoriale che propone contenuti formativi, informativi e di intrattenimento su misura per i professionisti del benessere

Commenti