Fitoterapia, una storia millenaria in continua evoluzione
Fitoterapia, una storia millenaria in continua evoluzione

Fitoterapia, una storia millenaria in continua evoluzione

L’utilizzo delle piante come medicinali va a braccetto con la storia dell’uomo

Giorno dopo giorno dietro un banco di farmacia o parafarmacia vengono consigliati rimedi fitoterapici, prodotti con una storia millenaria.

Il termine “fitoterapia” fu usato per la prima volta dal medico francese Henri Leclerc e significa curare con le piante, dal greco phytòn (pianta) e therapéia (cura). L’utilizzo delle piante come medicinali va a braccetto con la storia dell’uomo.

Andando per tentativi, l’uomo preistorico selezionò le piante che aiutavano a guarire da quelle velenose. Per tramandare queste scoperte e conoscenze, nacque un “prototipo” del medico moderno, ma le cause delle malattie e degli effetti terapeutici delle piante venivano attribuite al volere di divinità benefiche o malefiche, capaci di decidere del destino dell’umanità. La figura del medico assimila quella dello stregone e la medicina si lega alla religione, legame che durerà per millenni e che ancora oggi ritroviamo in alcune culture con la figura dello sciamano.

Questo legame continua anche in Egitto, ma con uno studio più sistematico della malattia e delle piante medicinali. È del 1500 A.C. il papiro di Ebers che cita oltre 600 medicamenti a base di piante utilizzate ancora oggi e presenti nella Farmacopea Ufficiale Europea come mirra, ginepro, giusquiamo, oppio e cannabis.

In età greco-romana assistiamo alla laicizzazione di molte discipline. Ippocrate, il padre della medicina, fu il primo a considerare la malattia un evento naturale che richiedeva rimedi naturali. Introdusse il concetto di anamnesi e di specificità dei rimedi, abbattendo l’idea che potesse esistere una medicina per tutti i mali (panacea). Teofrasto si occupò della stesura di uno dei più voluminosi trattati sulle piante dell’epoca, il De historia plantarum, mentre Celso classificò gli stadi dell’infiammazione e ipotizzò l’esistenza dei virus. Il medico romano Galeno comprese l’importanza delle tecniche di preparazione dei rimedi per ottenerne il migliore effetto. È da lui che le procedure di preparazione di un medicinale prendono il nome di galenica.

Nel Medioevo la spinta innovativa si affievolisce. Sono gli anni della medicina dei monasteri, dove le pratiche di trascrizione degli antichi manuali e di coltivazione delle piante medicinali nei giardini dei semplici, permettono la conservazione del sapere. Nascono inoltre grandi centri del sapere, come la Scuola Salernitana e l’Università Federico II, sviluppatesi nel sud Italia con il contributo degli influssi arabi.

Furono proprio loro i veri innovatori del pensiero ippogratico-galenico: lo integrarono nella propria cultura con nuovi medicamenti (mirra, noce moscata, cannella), introdussero nuove forme farmaceutiche e sperimentarono nuove tecniche, dando vita all’Alchimia. Avicenna scrisse il “Canone della Medicina”, un trattato di tutto lo scibile medico dell’epoca utilizzato nelle università europee fino al 1600. Per primi gli arabi capirono la necessità di una figura che si occupasse prettamente dei medicamenti, dall’estrazione fino alla preparazione. Le prime farmacie, infatti, compaiono a Bagdad tra il 699 e il 765, arrivando in Italia solo tra il 1100 e il 1200. Si diffondono inoltre i primi codici o ricettari, le odierne Farmacopee.

Nel Rinascimento il rinnovato interesse nelle piante medicinali porta a innovazioni che pongono le basi per la ricerca moderna. Paracelso ipotizzò la presenza nelle piante della quintessenza, introducendo di fatto il concetto di principio attivo, e si dedicò allo studio delle tecniche di isolamento, ponendo le basi della Chimica Farmaceutica. Fondamentale fu l’opera del Mattioli che nel 1544 redasse “Commentari Dioscoridem”, il più significativo testo di medicina e di botanica dell’epoca. Epoca di viaggi ed esplorazioni, di scoperte di nuove piante e medicamenti dalle Americhe, divenne cruciale lo studio della botanica, consacrata a disciplina sistematica grazie a Linneo, il cui metodo di classificazione delle piante è il pilastro portante della botanica moderna.

L’Ottocento fu l’era della chimica, con le prime estrazioni di principi attivi puri da usare come farmaci: nel 1820 la chinina, l’atropina nel 1831 e la digitossina nel 1861. Nasce la moderna medicina farmacologica.

In poco più di un secolo, l’evoluzione è stata continua e le moderne tecniche di analisi hanno permesso di identificare numerosi principi attivi. Il graduale abbandono della fitoterapia si ha a partire dal 1889, quando la sintesi del primo alcaloide, la coniina, apre la nuova era del farmaco di sintesi. Con l’avvento dell’industria farmaceutica, l’utilizzo delle piante viene pian piano abbandonato, i farmaci sostituiscono i rimedi e la Fitoterapia assume la connotazione di medicina popolare.

Negli anni Ottanta, una crescente sfiducia nel mondo farmaceutico e la percezione di una scarsa sicurezza dei farmaci hanno portato alla ricerca di alternative che, con la facciata di “medicine naturali”, e l’illusione che “naturale non fa male”, rinnegano i millenni di selezione delle piante curative da quelle tossiche. Tra queste, viene annoverata erroneamente anche la Fitoterapia, la pratica medica più antica, a causa di una confusione creata da vuoti legislativi colmati solo negli ultimi anni dalla definizione di organi e norme ben precise sia in Italia che in Europa.

Oggi, la preparazione e la prescrizione delle materie prime vegetali ad uso farmaceutico è soggetta alla supervisione dell’EMA, tramite specifici percorsi di registrazione di farmaci fitoterapici ben precisi. La Farmacopea Ufficiale contiene i requisiti e le caratteristiche delle sostanze farmaceutiche, e il Ministero della Salute vigila sulla qualità e sull’efficacia di prodotti a base di piante medicinali che necessitano di prescrizione. Punti cardine per la definizione legislativa della Fitoterapia sono stati il Dlgs 219 del 24 aprile 2006, che ha delineato i percorsi formativi per i professionisti interessati a praticare la Fitoterapia, e l’accordo Stato-Regioni del 2013, in cui la Fitoterapia è stata identificata come “atto sanitario”, quindi di esclusiva competenza di professionisti sanitari come medici, odontoiatri, veterinari e farmacisti.

Millenni di storia e sperimentazioni hanno portato sui nostri scaffali prodotti diversissimi, dagli integratori, ai galenici preparati in laboratorio, fino a farmaci veri e propri. Una possibilità di scelta che ci permette di poter consigliare al meglio chi chiede il nostro aiuto, forti della tradizione e della conoscenza approfondita di ciò che le piante ci mettono a disposizione.


Fonte:

S. Mancuso, L’incredibile viaggio delle piante, Editori Laterza
F. Capasso, Farmacognosia, Springer ed.
F. Capasso, G. Grandolini, A. Izzo, Fitoterapia. Impiego razionale delle droghe vegetali, Springer ed.
L. Giannelli, Medicina Tradizionale Mediterranea, Tecniche nuove ed.
F. Firenzuoli, Fitoterapia. Guida all’uso clinico delle piante medicinali, Elsevier ed.

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