L’aderenza terapeutica durante la pandemia: il caso del diabete
L’aderenza terapeutica durante la pandemia: il caso del diabete

L’aderenza terapeutica durante la pandemia: il caso del diabete

La pandemia da Covid-19 ha però complicato i protocolli di monitoraggio dell’aderenza, rendendo difficili le visite di controllo

È noto a tutti che l’aderenza terapeutica è fondamentale nella gestione del diabete e che un basso livello di alfabetizzazione sanitaria (o health literacy), la scarsa conoscenza della patologia, la polifarmaco-terapia e l’utilizzo di trattamenti farmacologici non convenzionali influenzano negativamente l’aderenza con conseguenze cliniche.Il diabete è infatti una delle patologie che a livello mondiale ha un’incidenza significativa sullo stato di salute e una corretta gestione è fondamentale per ridurre i costi correlati alla malattia.

La pandemia da Covid-19 ha però complicato i protocolli di monitoraggio dell’aderenza, rendendo difficili le visite di controllo; se già normalmente l’aderenza è un problema in una malattia come il diabete, come mantenerla quando è estremamente difficile effettuare il monitoraggio?

È vero che negli anni passati erano già state realizzate delle sperimentazioni, grazie alla disponibilità di sistemi che consentivano di condividere i dati del monitoraggio continuo dei livelli di glucosio o dell'autocontrollo glicemico dei pazienti, ma queste esperienze non erano strutturate in percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA) dedicati e spesso coinvolgevano solo i pazienti maggiormente digitalizzati.

Con la pandemia sono nati progetti di telemedicina a più ampio respiro, con l'Associazione Medici Diabetologi (AMD), la Società Italiana di Diabetologia (SID) e la Società Italiana di Endocrinologia (SIE) che hanno realizzato una proposta di PDTA per la gestione con diabete di tipo 1 e 2 così come per lo screening e il follow up del diabete gestazionale tramite la telemedicina.

La recente pubblicazione di una Monografia degli Annali AMD (Monografia Annali AMD 2021 “L’impatto dell’emergenza Covid-19 sulla gestione dei pazienti con diabete e il contributo della telemedicina”) ci consente di valutare gli indicatori della qualità dell’assistenza per i pazienti visitati in remoto rispetto a quelli visitati in presenza nel corso del 2020.

Il diabete nell’emergenza Covid: il ruolo della telemedicina

Una prima osservazione che occorre fare è che la pandemia ha ridotto il numero di accessi dei pazienti alle diabetologie, sia in presenza sia da remoto, con un impatto maggiore nel caso dei pazienti con diabete di tipo 2 rispetto a quelli con diabete di tipo 1. Confrontando i dati del 2020 con quelli del 2019 si può osservare che i pazienti affetti da diabete di tipo 1 hanno visto una riduzione delle valutazioni in presenza di circa il 17% rispetto a quasi il 30% di riduzione che si è osservato con i pazienti con diabete di tipo 2.

Sono stati circa 50.000 le persone con diabete che hanno ricevuto almeno una prestazione di telemonitoraggio o televisita nel corso del 2020; 46.424 erano pazienti con diabete tipo 2 e 2.624 con diabete tipo 1.

Nel caso del diabete di tipo 1, non si sono evidenziati differenti esiti tra i pazienti monitorati a distanza e quelli in presenza, ma in generale si è osservato uno scarso utilizzo dell’automonitoraggio glicemico nel diabete di tipo 1; il fatto che lo scarso automonitoraggio non dipenda dalla tipologia di assistenza ci fa pensare che è necessario non solo il consulto medico ma che sia necessario riprendere in modo sistematico l’educazione terapeutica, il carbo-counting e l’educazione di gruppo, sacrificati durante la pandemia. L’educazione terapeutica è sempre stato uno strumento distintivo della comunità diabetologica che per prima lo ha introdotto nella pratica medica quotidiana ma occorre riprenderlo ed eventualmente modificarlo alla luce dell’esperienza vissuta in questo anno di pandemia.

La principale conseguenza della riduzione dei consulti medici, sia in presenza, sia da remoto, dovuta alla sospensione delle prestazioni non urgenti e all’impegno dei diabetologi nei reparti Covid, è stato il crollo degli screening sulle complicanze, con importanti ripercussioni sullo stato di salute delle persone con diabete.

Per quanto riguarda il diabete di tipo 2, è stata osservata una percentuale maggiore di donne rispetto agli uomini nella popolazione monitorata in telemedicina, forse per una selezione di monitoraggio a distanza dei pazienti più stabili. È stata osservata anche un’età media di circa due anni superiore nei pazienti monitorati a distanza rispetto a quelli in presenza, forse per un desiderio di proteggere dall’ingresso in ospedale i pazienti più fragili, coerentemente con quanto previsto dal PDTA elaborato proprio da AMD-SID-SIE durante il primo lockdown.

A usufruire delle prestazioni in telemedicina sono stati quindi pazienti anziani, con comorbilità e complicanze, o il caso quasi opposto dei pazienti con un buon controllo metabolico e trattati con insulina, dunque con minori necessità di cambiare la terapia e per questo più gestibili a distanza.

I pazienti con diabete di tipo 1 assistite in telemedicina hanno rappresentato un numero esiguo: si tratta in generale di soggetti più giovani, digital friendly, già abituati all’utilizzo di strumenti digitali che hanno potuto scaricare direttamente in cartella i dati del monitoraggio.

La selezione dei pazienti seguiti da remoto non ha quindi seguito alcuna linea guida, ma ha cercato di privilegiare i pazienti più anziani con diabete di tipo 2 e con miglior controllo metabolico, che meno necessitavano di modifiche terapeutiche. Allo stesso modo, nella popolazione con diabete di tipo 1, il contatto da remoto è stato riservato a pazienti in terapia insulinica multi-iniettiva, continuando a vedere in presenza quelli con microinfusore insulinico, probabilmente, perché giudicati meritevoli di un’attenzione particolare.

La telemedicina è stata quindi in grado di garantire un’assistenza clinica in una situazione di emergenza, che ha consentito di mantenere una modalità prescrittiva e un adeguato controllo metabolico; infatti, non si sono osservate differenze significative, in relazione ai dati delle prescrizioni terapeutiche e ai parametri metabolici, tra i pazienti seguiti in presenza rispetto a quelli seguiti da remoto.

La criticità maggiore riscontrata è stata relativa al monitoraggio delle complicanze, penalizzato per tutti i pazienti, ma in maniera più marcata per quelli seguiti a distanza.


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