Green Pass nei luoghi di lavoro e tamponi: gli obblighi per le farmacie
Green Pass nei luoghi di lavoro e tamponi: gli obblighi per le farmacie

Green Pass nei luoghi di lavoro e tamponi: gli obblighi per le farmacie

L’obbligo è molto ampio, andando a ricomprendere sotto il profilo sostanziale tutti i lavoratori, a prescindere dal loro inquadramento contrattuale all’interno della struttura

L’impiego delle “Certificazioni verdi Covid-19” (c.d. green pass), introdotte in Italia con l’art. 9 del decreto legge del 22 aprile 2021, n. 52 (ora convertito, con modificazioni, nella legge 17 giugno 2021, n. 87) con l’intento di favorire l’esercizio in sicurezza di molte attività e servizi, nonché la circolazione delle persone alla luce dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha coinvolto sempre più ambiti. L’ultima tappa del percorso normativo che ne ha progressivamente esteso l’utilizzo è rappresentata dal D.L. 127/2021, con cui è stato sancito l’obbligo di possesso ed esibizione del green pass ai fini dell’accesso a tutti i luoghi di lavoro (siano essi pubblici o privati) e, dunque, anche per le farmacie, nel periodo compreso tra lo scorso 15 ottobre e il 31 dicembre 2021, attuale termine dello stato di emergenza.

L’obbligo è molto ampio, andando a ricomprendere sotto il profilo sostanziale tutti i lavoratori, a prescindere dal loro inquadramento contrattuale all’interno della struttura. Invero, sono inclusi anche tutti i soggetti che accedono a qualsiasi titolo, per prestare attività lavorativa, di formazione o di volontariato, sulla base di contratti esterni (pensiamo, ad esempio, a un fornitore).

Al momento, dunque, restano esclusi i clienti della farmacia, per i quali non sarebbe possibile estendere in via autonoma l’obbligo: come sottolineato dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali in un comunicato del 10 giugno scorso, le “finalità per le quali potrà essere richiesto il green pass […] dovranno essere stabilite con una norma di rango primario”.

Per quanto riguarda gli adempimenti da porre in essere, entro lo scorso 15 ottobre è stato richiesto a tutti i datori di lavoro di prevedere un piano in cui siano definite le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche (da svolgere rioritariamente al momento di accesso e che potranno essere anche a campione) e di provvedere alla nomina formale dei soggetti delegati all’effettuazione delle verifiche, ai quali fornire altresì apposite istruzioni (sugli obblighi formativi cfr. art. 13, comma 3, DPCM 17 giugno 2021). In caso di mancata integrazione dei documenti le sanzioni vanno da 400 a 1.000 euro, così come nel caso in cui il datore non dovesse effettuare le verifiche rispetto ai lavoratori sia interni che esterni (da effettuare esclusivamente tramite l’app “VerficaC19”), a far data dallo scorso 15 ottobre.

Nell’eventualità in cui il lavoratore comunichi la mancanza della certificazione o questa dovesse risultare non valida, sarà considerato assente ingiustificato senza che possa ricevere alcuna retribuzione, compenso o altro emolumento, pur essendo escluse conseguenze disciplinari o il licenziamento. Per il settore privato, nelle realtà con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata il datore potrà invece prevedere la sospensione del lavoratore “per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta” e non oltre il 31 dicembre 2021.

Nei confronti del soggetto sorpreso all’interno del luogo di lavoro sprovvisto di green pass valido, invece, la forbice sanzionatoria sarà compresa tra 600 e 1.500 euro, oltre alle conseguenze disciplinari.

Altro aspetto di attuale interesse è quello del calmieramento dei prezzi con riferimento alle farmacie che effettuano i test antigenici rapidi, introdotto dall’art. 5 del D.L. 105/2021 attraverso il protocollo d’intesa dello scorso 5 agosto tra il Ministero della Salute, il Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Federfarma, Assofarm e FarmacieUnite.

Nonostante la norma prevedesse un termine che, inizialmente, era stato fissato al 30 settembre 2021, la misura è stata oggetto di una doppia proroga: prima fino al 30 novembre (prevista in sede di conversione nella L. 126/2021 del richiamato D.L. 105/2021) e successivamente con il D.L. 127/2021 fino al prossimo 31 dicembre 2021, attuale termine dello stato di emergenza.

I prezzi per l’effettuazione dei tamponi sono calmierati a 15 euro che, ai fini di agevolare i minori tra i 12 e i 18 anni, scendono a 8 euro per questa fascia di età. Test gratuiti invece per tutti i soggetti esentati dall’effettuare o completare la vaccinazione anti SARS-CoV-2, sulla base di idonea certificazione medica redatta nel rispetto della circolare del Ministero della Salute del 4 agosto (nella quale i termini di validità delle certificazioni di esenzione, previsti inizialmente fino il 30 settembre, sono stati prorogati al prossimo 30 novembre con la circolare del Ministero della Salute del 25 settembre scorso).

In ogni caso, alla farmacia spetta sempre una remunerazione complessiva di 15 euro (IVA esente) per ciascun test antigenico rapido eseguito: saranno versati interamente dal cittadino, nel caso di soggetti con età uguale o superiore a 18 anni; suddivisi in 7 euro da parte dello Stato e 8 da parte dell’utenza, nel caso di soggetti tra i 12 e i 18 anni; infine, 15 euro interamente a carico dello Stato nel caso di gratuità per gli esentati dal vaccino sulla base di idonea certificazione medica.

Le sanzioni per il mancato rispetto del tetto massimo previsto oscillano tra 1.000 e 10.000 euro di sanzione amministrativa, oltre alla quale può aggiungersi la chiusura dell’attività per una durata non superiore a cinque giorni.

La previsione di un tetto massino di spesa, ma non minimo, continua a essere tema divisivo tra coloro che ritengono che il prezzo debba essere “bloccato” a quelli previsti dal protocollo sopra richiamato e quanti ritengono che un eventuale prezzo al ribasso – al netto delle ovvie considerazioni circa le garanzie di qualità e di sicurezza per il cliente – non sia contrario alla norma. Opinione, quest’ultima, che appare maggiormente condivisibile dato che il calmiere è stato fissato al rialzo, lasciando liberamente modificabile il prezzo verso il basso.

Infine, di assoluto rilievo è il tema dell’ottenimento del green pass attraverso la richiesta presso la farmacia.

A norma del DPCM 17 giugno 2021 (art. 11, comma 1, lett. e)), infatti, tra le varie modalità individuate per il recupero del green pass è prevista anche la possibilità di recarsi in farmacia muniti di codice fiscale e tessera sanitaria, al fine di ottenere il rilascio della certificazione in formato cartaceo o digitale.

Un servizio senz’altro utile e che deve essere fornito al cittadino gratuitamente (come ribadito in una circolare da parte di Federfarma) ma che, tuttavia, rischia di avere serie ricadute sotto il profilo operativo soprattutto alla luce dell’aumento esponenziale di richiesta tamponi rapidi nelle farmacie registrato a partire dallo scorso 15 ottobre con l’avvio dell’obbligo in parola e, di riflesso, delle possibili richieste per l’ottenimento della “Certificazione verde Covid-19” da parte di quella platea di cittadini meno inclini all’utilizzo delle alternative soluzioni tecnologiche previste dal provvedimento

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